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Sconcerti: "Mancini e Luis Enrique hanno due modi di giocare opposti. Vi spiego"
06 lug 2021 19:40Calcio

Mario Sconcerti, decano del giornalismo sportivo italiano e opinionista TMW Radio, ha così parlato durante Stadio Aperto con Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini: "C'è un gap tra il calcio dell'Italia e lo stato di salute del campionato. Tolti i nostri, c'erano 182 giocatori e solamente 14 venivano dalla Serie A. La capacità del nostro movimento è esprimere squadre che non vincono niente e non rischiano nemmeno di farlo, da 11 anni ormai. Tant'è vero che non ne abbiamo nemmeno una da Scudetto".

Giusto mettere Emerson al posto di Spinazzola? "Il vero problema è che non abbiamo un altro Spinazzola: lui non faceva il terzino, spingeva il pallone fino in fondo alla fascia consentendo a Insigne di entrare dentro e costringendo un centrale della difesa a marcarlo. Per avere libertà, quindi, Insigne dovrà saltare il proprio uomo. Cosa che prima non avrebbe dovuto fare costantemente".

Servirà un Insigne stile Napoli. "Sì, avrà un difensore in più a raddoppiarlo. Sarà completamente un altro gioco".

Mancini e Luis Enrique hanno approcci speculari? "No, direi opposti. Tutti e due tendono a tenere il pallone, ma la nazionale spagnola ne fa modo di stare in campo e difendersi. Il loro, però, è un possesso palla facile. Il loro giocatore che tocca più palloni è Laporte, difensore centrale e ha una media di 108 passaggi a partita. Il nostro è Jorginho, che ne tocca nettamente meno di Laporte. Però lui comincia il gioco, li fa nel difficile. Laporte invece li fa ai compagni di difesa, quelli facili. Hanno Pedri per interrompere e spezzare. Noi cerchiamo di essere pericolosi nel nostro tempo di possesso: la Spagna è molto vicina al tiki-taka, noi a un calcio super-moderno".

Quanto è cambiato Luis Enrique rispetto a Roma? "Non molto, era diverso il momento. Quando venne in Italia prendemmo il suo calcio come una piccola rivelazione perché era il grande momento della Spagna. Ci stupimmo e ci piacque molto quel gioco, oggi lo trovo un po' da riadattare e velocizzare. La cosa difficile con gli spagnoli è prendergli il pallone: se ci riesci, con tre passaggi vai in porta. Lui è uno della pura scuola catalana, ma si è andati avanti nel frattempo".

Dove la vede la Danimarca? "Hanno una loro collocazione precisa nel calcio europeo. Sulle quaranta nazionali europee sono stabilmente tra l'ottavo e il dodicesimo posto: sono come una squadra di centro classifica. Non giocano quasi mai per vincere, però sono una garanzia di qualità media. Quando giochi coi danesi sai sempre chi affronti. Lo stesso con gli olandesi o con gli svedesi".

Quale il punto debole della Spagna? "Non sanno difendersi, proprio perché per loro è tenere il pallone. Sono disabituati alla risposta. Il loro punto forte è saper allargare il campo, credo anche stasera vedremo i nostri terzini costretti a difendere larghissimi. Tra loro e i centrali ci saranno una quindicina di metri in cui potranno infilarsi Pedri, Koke e Morata. Questo sono".

Le armi dell'Inghilterra quali sono? "Southgate già ai Mondiali era già riuscito a far bene, visto che l'Inghilterra è arrivata quarta. Ora corrono meno, il gioco inglese non c'è più, è all'europea solo che hanno una qualità media molto alta. Quando loro decantano che il calcio torna a casa con orgoglio non capiscono che invece è uscito definitivamente dall'Inghilterra o non sarebbero arrivati a questi livelli, sfiatando prima come sempre".

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Mario Sconcerti, prima firma del giornalismo italiano, ai microfoni di Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini © registrazione di TMW Radio