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Qatar2022, dal gigante in panchina a Foggia al figlio di George: le storie "made" in Italy di Olanda e USA
21 nov 2022 21:53Calcio
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© foto di Uefa/Image Sport

C'è una piccola traccia italiana nella seconda giornata del Mondiale qatariota. Nel successo dell'Olanda contro il Senegal a decidere sono le reti di Cody Gakpo e Davy Klaassen, due giocatori provenienti dall'Eredivisie rispettivamente da PSV Eindhoven e Ajax. Nell'avvicinamento al match contro i Campioni d'Africa, però, il grande interrogativo che accompagnava la Nazionale di Louis van Gaal riguardava la porta. Il duello sembrava tra Pasveer e Bijlow, rispettivamente titolari di Ajax e Feyenoord. Tra i due litiganti, però, è stato il terzo a godere. Parliamo di Andries Noppert, portiere titolare dell'Heerenveen che rappresenta una delle storie di questo Mondiale. Parliamo del giocatore più alto di tutta la comeptizione (2 metri e tre centimetri), ma soprattutto di un portiere che è stato vicino a smettere. Dopo anni da secondo al NAC Breda, nel 2018 decide la grande avventura all'estero che lo porta nel profondo sud Italia. Noppert arriva a Foggia e colleziona solo otto presenze in Serie B con la maglia rossonera, prima di tornare in Olanda. Solo due presenze con il Dordrecht e la tentazione, fortissima, di smettere. La svolta nel 2021 con la maglia dei Go Ahead Eagles, quindici gare da titolare che lo riportano a casa, nell'Heerenveen dove era cresciuto e dove si erano rifiutati di dargli una chance. A 28 anni la definitiva consacrazione, coronata dalla prima convocazione in Nazionale e da un esordio col botto contro il Senegal nell'esordio al Mondiale qatariota di quella che ormai è la sua Olanda. 

 

Dall'altra parte, nel match delle 20, il protagonista è un figlio d'arte come Timothy Weah. La cui storia va da New York a Doha, passando per Parigi con l'Italia sullo sfondo. Nato nel febbraio del 2000, un mese dopo l'addio di papà George al Milan. Lui che a Milano ha incantato, lui che ha vinto un Pallone d'Oro nel 1995 ma non è mai riuscito a qualificare la sua Liberia al Mondiale. Il primo gol di un Weah al Mondiale è arrivato forse con 25 anni di ritardo grazie al giovane Timothy, nato a Brooklyn e cresciuto nell'academy del New York Red Bulls. A 14 anni la chiamata del Paris Saint Germain, che decide di puntare su uno dei talenti più cristallini del calcio americano. A Parigi però non c'è spazio, a 19 anni va a giocare al Celtic prima e trova poi la sua dimensione al Lille. E ora è l'emblema del sogno americano nel mondiale in Qatar, per portare in alto in un Mondiale il nome Weah in onore anche di papà George. 

TMWRADIO Redazione