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Prof. Lopalco: "Numeri positivi ma l'emergenza non è finita. Difficile una ripresa dello sport prima dell'estate"
01 apr 2020 18:30Calcio
© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Pier Luigi Lopalco, epidemiologo e professore di Igiene all’Università di Pisa, responsabile della task force in Puglia, ha parlato della situazione attuale dell'emergenza Coronavirus a Stadio Aperto, trasmissione di TMW Radio.

Quanto è incoraggiante la curve epidemica in Italia?
"Il trend è in discesa ed è consolidato. Ma dobbiamo sottolineare che dobbiamo essere sempre molto cauti. Non abbiamo avuto un'unica epidemia ma su tutto il territorio abbiamo tante regioni che hanno avuto epidemie che si sono comportate in maniera differente e sono partite in tempi diversi. Dobbiamo quindi fare in modo che non ci siano sorprese in altre regioni. Abbiamo avuto un calo in Lombardia, di questo siamo tutti contenti, viste le difficoltà affrontate da quella regione, ma massima cautela nel cantare vittoria. Abbiamo di fronte a noi ancora un periodo importante, nel quale dobbiamo stringere i denti".

Il ministro Speranza ha confermato che queste misure restrittive saranno prolungate fino al 13 aprile. Si tratta di una misura giusta?
"Sicuramente sarà da valutare giorno dopo giorno. Non è possibile oggi quello che succederà in quella data. Era essenziale mettere una data ma prima di quella scadenza si farà una ulteriore valutazione".

La politica sta già valutando la parziale riapertura delle attività:
"Il tema della riapertura è centrale, che deve essere affrontato con serietà, cautela, con tutti i dati che abbiamo. Una riapertura dovrà avvenire in tempi ragionevoli ma dovrà essere graduale. La prima ondata epidemica non è ancora passata, per questo si dovrà ripartire per questo con estrema cautela. Finchè non arriverà un vaccino, difficilmente potremo tornare a fare quello che facevamo prima dell'inizio dell'epidemia, a gennaio".

A che punto siamo dal punto di vista dei possibili vaccini?
"Il lavoro è incessante, ci sono alcuni farmaci promettenti, che servono per curare la malattia e non prevenirla. Quindi sarà necessario la creazione di un vaccino. Anche per questo ci sono molti prototipi promettenti, che sono già in fase di sperimentazione, ma dobbiamo aspettare i risultati. Parliamo però di diversi mesi prima che arrivi in farmacia".

Si dovrà anche pensare al mondo della scuola: qual è secondo lei la cosa migliore da fare? 
"E' un elemento delicato la scuola, perché ci vanno bambini ed adolescenti, dove il virus può circolare molto facilmente. Sono dei portatori potenziali importanti che potrebbero far riaccendere i focolai epidemici in tutta Italia. Io prevedo dei tempi più lunghi per la riapertura".

Ci sono polemiche per la circolare del Viminale che permette l'uscita dei genitori con i bambini: decisioni del genere alimentano confusione?
"Non voglio commentare la circolare. Spiega qualcosa che era già nel decreto. Le regole non sono cambiate. Bisogna stare in casa e bisogna uscire solo per motivi di comprovata emergenza. Non facciamo troppe polemiche. Capiamo il senso del decreto. Restiamo a casa e non illudiamoci del calo dei dati".

Misure restrittive quanto hanno ridotto la diffusione del virus?
"Enormemente. Sono state molto efficaci, proprio in quelle regioni dove era partita.  Se non avessimo avuto queste regole, i casi mortali e di contagiati sarebbero stati molti dei più. E parliamo di decine di migliaia".

Caso mascherine: come ci si doveva comportare?
"Le protezioni individuali sono importanti, soprattutto per proteggere gli operatori sanitari. Ma prevedere una pandemia non è semplice. Sappiamo però che adesso, dalla prima ondata di emergenza, abbiamo imparato tante cose e che è importante, in certe situazioni, essere autonomi nella produzione di alcuni presidi".

Uno studio ha previsto 6 milioni di contagiati: è plausibile questa cifra?
"Sì, ma potrebbero essere anche 10. Ma ci sono altri 50 milioni di italiani che non hanno mai visto il virus. Quella che sembra una tragedia, in realtà tocca solo una piccola minoranza. Tutto il resto della popolazione quindi va messo in sicurezza".

E la stima dei morti è giusta o va aumentata anche quella?
"Durante la stagione invernale, in generale abbiamo sempre un eccesso di mortalità. Anche l'influenza causa molti morti, che non vengono neanche registrati per questo. Si potrebbe fare la stessa cosa per il Coronavirus, ma oggi abbiamo per questo un servizio abbastanza efficace. Credo che il numero di morti sia abbastanza affidabile". 

E' plausibile pensare una ripresa dello sport prima dell'estate?
"Io la vedo difficile, perché è vero che i professionisti sono giovani e in buona salute, ma le attività sportive comportano vicinanza. Prima di prendere ogni decisione, si devono valutare i rischi. Se deve esserci la ripresa, si deve minimizzare il rischio per tutti".

La situazione nel Sud è incoraggiante?
"Sicuramente, sono numeri inferiori al Nord, dovuti anche alle misure prese a livello centrale".

Queste misure restrittive hanno portato ad un cambiamento di approccio:
"Vediamo cosa è accaduto in Oriente dopo la Sars. Si vedevano cinesi e giapponesi con la mascherina. Loro la indossano nei mesi invernali e lo fanno per proteggere gli altri. Prevedo l'uso delle mascherine finchè non ci sarà un vaccino".

Quale dovrà essere il più grande insegnamento per il domani?
"Si ripenserà profondamente un ridisegno della sanità pubblica italiano. Abbiamo capito l'importanza della prevenzione, dell'assistenza territoriale e i punti deboli dei nostri ospedali. Sono sicuro che da questa emergenza ne verrà fuori una sanità migliore".

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Pier Luigi Lopalco, professore ordinario di Igiene presso Università di Pisa adesso a capo del Coordinamento regionale emergenze epidemiologiche della Regione Puglia, intervistato da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini © registrazione di TMW Radio