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Pizzigoni: "Vi racconto ciò che caratterizza l'allenatore e l'uomo Guardiola"
13 dic 2021 19:26Calcio
© foto di Uefa/Image Sport

Il giornalista e scrittore Carlo Pizzigoni, autore del libro intitolato "Pep Guardiola: storia, aneddoti, metodologia, evoluzione tattica", è intervenuto in diretta a Stadio Aperto, su TMW Radio, parlando con Francesco Benvenuti: "Per realizzare questa collana, che abbiamo fatto con 'Il nuovo calcio', siamo partiti l'anno scorso, con uno degli allenatori più influenti del calcio degli ultimi anni e abbiamo usato questa formula, cercando di raccontare l'allenatore non con un racconto classico, ovvero una specie di biografia, bensì con una situazione diversa. Io sono andato alla ricerca delle persone che sono state intorno a questo allenatore, cioè i collaboratori, chi ha giocato per lui, chi è stato suo compagno, chi lo ha ammirato... Le loro voci mi hanno permesso di avere dei punti di vista differenti, ma non mi sono fermato qui. Ho pensato che parlare solamente di Guardiola, o di Bielsa nel precedente lavoro, sarebbe stata una sorta di geografia, tutti avrebbero costruito un po' un santino oltre ad andare un po' in profondità, ed ho allargato il campo chiedendo ai protagonisti che ho interpellato di parlarmi del calcio di Guardiola e soprattutto della loro visione del calcio. Quindi viene fuori uno spaccato che, a partire da Guardiola, tesse un po' una tela, attraverso i grandi protagonisti del calcio italiano e internazionale, per farci raccontare quel tipo di calcio, l'allenatore Guardiola, l'uomo Guardiola e quel calcio che ha proposto Guardiola in tutte le sue pieghe".

C'è una chiosa finale o un elemento che unisce il punto di partenza Guardiola con tutta questa ramificazione che poi si sviluppa tra allenatori e non solo?
"Trovare un filo rosso da un certo punto di vista è semplice, da un altro no, ma l'ammirazione per Pep è sconfinata. Tutti gli allenatori che ho interpellato, dalla Seconda Categoria alla Serie A, adorano il calcio di Guardiola, ci vedono continue novità, continui riferimenti, continue idee da prendere, da sviluppare. L'idea era proprio quella di parlare agli allenatori, oltre che agli appassionati, e fa riconoscere che dietro ogni allenatore c'è un uomo. La proposta di calcio nasce dall'uomo prima che dall'allenatore e quindi da lì cominciare a pensare quello che è oggi l'allenatore, cioè un uomo solo che studia, che approfondisce e che vede sul campo la sua idea di gioco, ovviamente messa in pratica dai giocatori. Con Guardiola tocchiamo il massimo perché abbiamo quello spirito che avevamo tutti noi quando abbiamo iniziato a giocare al calcio: quella gioia, quella voglia di andare ad attaccare, a segnare, a vincere. Lo ha detto l'altro giorno in un'intervista ad una tv cilena come lui rimane sempre impressionato dai ragazzi che aveva visto poco prima in un cortile a giocare a calcio, con quella voglia di andare a segnare un gol dietro l'altro. Lì, quel tipo di proposta, nasce dalla voglia che avevamo noi da bambini di essere protagonisti nelle nostre partite e quindi con Pep c'è questa linea, che inizia dalla storia del calcio fino alla massima competizione mondiale ovvero la Champions League, la Premier League, e lì troviamo quel tipo di calcio. Guardiola è soprattutto questo e per me è l'allenatore più influente nel mondo del calcio".

Perché in Italia Guardiola e il suo spirito hanno trovato così tanto terreno fertile?
"Ho scelto di approfondire partendo da due tecnici come Andreazzoli ed Italiano. Il primo ha uno spirito tutto suo, che aveva avuto a che fare con un mondo guardioliano che era legato a Luis Enrique, visto che è stato suo collaboratore alla Roma, e Italiano perché avevo visto tante interviste dove parlava di Guardiola. Poi ci sono anche tanti italiani: uno è Enzo Maresca che ha lavorato al Manchester City Under 23 quando Pep era lì. Poi ho scelto di chiamare due suoi compagni di Brescia. Uno è Andrés Yllana, che è stato centrocampista di fianco a Guardiola e mi ricordo, non tanto l'emozione che aveva a giocare accanto a un totem del ruolo, ma il suo racconto di un'apertura che fece Pep di sinistro a San Siro contro l'Inter e con tutto lo stadio che di stupore era raccolto in un applauso e in un boato. Riconosceva la grandezza e quando lo fa San Siro significa che è riconosciuta dagli Dei del calcio. Mi aveva molto colpito come lui raccontò della reazione di San Siro, oltre a tutto il resto dove lui parla del dietro le quinte di Brescia, di Guardiola cioè di un uomo che continuava a chiedere, a domandare, a confrontarsi con lui, come con tutti i suoi compagni, come con il suo allenatore, con cui era in perenne conflitto, ma positivo. Io penso che sia lì il rapporto con l'Italia che è il rapporto di un uomo che viene da un calcio profondamente diverso, ma che si avvicina al nostro calcio per curiosità e per voglia di imparare o per meglio dire voglia di confrontarsi. Credo che sia la base per conoscere Guardiola. Martin Demichelis, che lavora oggi al Bayern Monaco, mi ha detto: 'La prima caratteristica che io riconosco e vedo tra le tante positive in Pep Guardiola è la passione, la voglia di mettersi in gioco, di continuare ad imparare, pur essendo stato nell'Olimpo e lo è ancora'. Il suo rapporto con l'Italia lo vedo proprio in questa sorta di confronto continuo con un calcio che è un po' agli antipodi con il suo. Un altro giocatore che ho voluto sentire, tra i suoi compagni di Brescia, è stato Markus Schopp e mi serviva perché ha lavorato in Austria allo Sturm Graz, ma soprattutto ha fatto parte del mondo Red Bull, che è un altro tipo di calcio che è stato costruito da Rangnick per giocare contro le squadre di Guardiola, contro quel tipo di possesso. Questa è la basa, poi ci sono sviluppi ulteriori, ma anche qui vediamo come Guardiola sia preso come punto di riferimento, per batterlo, ma preso come paradigma. E' un'altra grande vittoria di Guardiola perché anche da avversario, quasi soprattutto, non si può non ammirarlo".

Ha la sensazione che l'impatto di Guardiola in Germania sia stato rivalutato a distanza dal suo triennio con il Bayern Monaco?
"La prospettiva della Germania è molto interessante. Io ho parlato anche con il suo biografo, Martí Perarnau, che è l'uomo che ha scritto 'Herr Pep', cioè la sua storia del primo anno al Bayern Monaco. Lo ha seguito nello spogliatoio, ha vissuto quasi insieme a lui ed anche questa mi sembrava un'ottima opzione per conoscere da un'ulteriore punto di vista Pep Guardiola. Ho intervistato Klinsmann perché mi è sembrato che abbia prodotto all'interno del Bayern Monaco quell'iniziale rottura, quel pertugio in cui si sono infiltrati prima Van Gaal e in maniera ancora più profonda Guardiola per creare qualcosa di unico, da cui hanno tratto giovamento in primis la Bundesliga, ma anche tutto il movimento tedesco, proprio per il continuo confronto. Oggi come oggi la Bundesliga è una lega molto importante, molto interessante, ma con allenatori che hanno una radice chiara ed è quella che ha prodotto Rangnick alla Red Bull. Tanti allenatori sono nati lì, pensiamo a Nagelsmann che oggi allena il Bayern Monaco, ma anche altri. Ci sono proprio situazioni di calcio che sono nate in opposizione di Guardiola, ma si sono talmente nutriti con questa battaglia che ne hanno preso delle tracce. Mi viene in mento Marco Rose che nasce come allenatore che non vuole il possesso e diventa uno che, non dico vuole il possesso, ma il suo Borussia Dortmund ha tanti brani che non sono quel classico stile Red Bull creato a Salisburgo. Guardiola ha prodotto un certo tipo di interesse, ma ha anche imparato ad attaccare un determinato tipo di calcio, che non è il suo. Ultimamente ho visto un'intervista in cui gli viene chiesto il parallelo con Jurgen Klopp e lui dice che il suo calcio non è quello, ma anche che è bello giocare contro di lui. Da tutti questi scontri viene fuori un prodotto che è straordinario ed è quello che ci ha regalato soprattutto la Premier League, ma anche qualche partita di Champions League. Stili diversi, ma tutti a un livello altissimo e nascono da questa continua volontà di ricerca di Pep. Il passaggio dal Barcellona al Bayern Monaco non era semplice, ma anche lì ci ha messo del suo, ha cambiato, ha rinnovato. All'interno del libro c'è anche un approfondimento tattico, curato da Filippo Lorenzon che è il match analyst dell'Inter, in cui si fa notare il lavoro di Lahm, i terzini che vengono dentro. Quella è stata una stagione molto interessante, solo che certe volte, proprio perché è il più grande, ci sono quelli che, per spirito di contraddizione, gli fanno il tifo contro a prescindere e l'idea che non abbia vinto la Champions League, ma che sia arrivato 'solo' in semifinale in qualche modo etichetta come, non dico deludente, ma non compiuta un'esperienza che invece secondo me è stata molto interessante".

In Italia qual è l'errore più grande che si fa e si è fatto nel valutare Guardiola dall'inizio della sua carriera ad oggi?
"Questa etichetta del tiki taka, ma è più giornalistica che calcistica. A me sembra un po' superata, è il giornalista che non approfondisce, questa idea che Guardiola fa i passaggi tanto per farli. E' lui il primo a raccontare che non è così, ma lo stesso Yllana mi raccontava che gli diceva: 'Se vedi Tare lì, vai subito da Tare'. Anzi in alcune partite diceva: 'Questi difendono male in certe situazioni, andiamo subito dall'attaccante'. Questa è una cosa naturale per chi ha visto le partite del Barcellona, ma sin dai tempi del maestro Crujff, di cui si parla tantissimo nel libro, proprio perché lo diceva a Pep: 'La prima occhiata dalla a Romario. Poi, se non c'è, palleggiamo'. Questa situazione qui in Italia non viene contemplata da alcuni, però sono sempre meno. Partiamo sempre da questa considerazione negativa, ma io sono convinto che, se Guardiola un giorno dovesse arrivare in Italia, e andare all'Inter, al Milan, alla Juventus, al Napoli o dove vuole, i tifosi di quella squadra, detrattori fino all'altro ieri, si innamorerebbero e diventerebbero i primi tifosi di un calcio del genere perché poi gli spettatori delle squadre di Guardiola vincono ogni domenica, continuando a vedere bel calcio. Possono vincere la Champions League oppure no, anche se Pep ha vinto tantissimo, ma godono proprio nel vedere certe partite. Quest'anno il Manchester City è qualcosa davvero di imperdibile... Questo è un prodotto che si rivolge a tanti allenatori, e loro non possono avere questo tipo di antipatie. Possono dire che avrebbero fatto o meno determinate cose, ma non possono non essere ammiratori di Pep. In questo lavoro mi ha aiutato molto Mikaela Severo, che è una giornalista argentina, che mi ha aiutato molto ad arrivare al cuore del Guardiola pensiero perché abbiamo intervistato Juan Marillo, un punto di riferimento non solo per chi fa calcio, ma per chi fa formazione di calciatori. Tante volte ci leghiamo solamente al risultato, che secondo me è una cosa sbagliata, ma non tanto perché c'è uno che vince di più e uno che vince di meno, piuttosto perché perdiamo l'essenza che questo gioco può regalare e anche tanti valori. A volte quando si analizza bisognerebbe mettere da parte il risultato per scoprire il perché amiamo la magia del calcio di cui tante volte non ci interroghiamo del motivo. Non è solo vincere o perdere, c'è qualcosa di più".

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Carlo Pizzigoni ai microfoni di Francesco Benvenuti © registrazione di TMW Radio