
Intervistato da<em> TMW Radio </em>nel corso della trasmissione <em>Stadio Aperto</em>, l’ex capitano della Sampdoria<strong> Luca Pellegrini </strong>ha parlato del suo libro uscito negli ultimi mesi, “Sampdoria 1991, l’anno dello Scudetto e le cose mai dette”, opera in cui ripercorre racconti ed aneddoti di spogliatoio legati allo storico scudetto dei blucerchiati: “Il libro è uscito a trent’anni di distanza, non c’era niente di premeditato. Nasce tutto nel 2020, quando un giornalista di Milano mi chiede di collaborare con loro in una collana in cui si occupavano degli scudetti delle cosiddette “provinciali”. A dir la verità ci ho pensato una notte, ci ho riflettuto molto ed ho colto l’occasione per mettere i puntini sulle i e far capire la mia Sampdorianità. Questo libro ricostruisce una stagione da carpe diem che coincide poi anche con la mia fine dell’avventura con la Samp. Il ricavato del libro sarà tutto devoluto in beneficenza all'associazione Samuele Cavallaro, una Onlus che si occupa di giovani alle prese con malattie gravi e delle loro famiglie"
<strong>Se dovesse riassumere brevemente cosa hanno significato per lei Fascetti e Boskov?</strong>
“Intanto uno (Fascetti) è stato l’allievo dell’altro, nel senso che quando Fascetti faceva il corso per diventare allenatore Boskov allenava e teneva alcune lezioni. C’è da dire che tante cose di Boskov le ho riviste in Fascetti. In loro vedevo due figure paterne. Mi ricordo che Fascetti, che a Firenze aveva incrociato anche gli altri miei due fratelli (Davide e Stefano), disse in una telefonata a mia madre che se lei avesse fatto undici figli gli avrebbe fatti giocare tutti undici”.
<strong>E con Boskov?</strong>
“Con lui ho avuto un rapporto discreto, tutti abbiamo difficoltà nell’approccio. Ha cercato di farci crescere più come uomini, in campo ma anche fuori, dando alcune direttive. I primi mesi non c’è stata grande empatia. Riporto l’esempio dell’allenamento del lunedì mattina: lui costringeva la squadra a tornare a Genova, fare allenamento ed i primi momenti potevi allontanarti da Genova solo di pochi chilometri. Poi abbiamo trovato un punto d’intesa e si sono allentate le regole. Da lì è nato un connubio splendido”.
<strong>Se la Samp ha vinto quello Scudetto gran merito va anche al presidente Paolo Mantovani.</strong>
“Sì, oltre a lui ci furono soprattutto Nassi ma anche Borea che fecero un gran mercato. Anche Lombardo fu una gran furbata di mercato, stavolta di Mantovani, che lo prese nell’affare Vialli. Prima parlavo di figure paterne, Paolo Mantovani era un papà e Boskov uno zio. A qualsiasi ora bussassimo alla loro porta lui era disponibile per noi. Eravamo una squadra di grande personalità e, grazie a lui, da pulcini siamo diventati galletti. Ci ha dato un incredibile supporto e ci ha insegnato come comportarci, sia in campo che fuori. In ognuno di noi ha lasciato un segno”.
<strong>Da tifoso doriano, quanto è giusto essere preoccupati per queste ultime partite?</strong>
“Basterebbe guardare l’ultima prestazione ad Udine ed il calendario. Tranne la partita col Bologna e forse con la Salernitana, le altre squadre che affrontiamo si giocano tanto. Se a questo aggiungiamo le parole di Giampaolo sullo stato della squadra, non è roseo il quadro. Adesso bisogna essere forti dentro per ritrovare la retta via e capire il momento in cui ci si trova. Quando una squadra non è abituata a giocare per la salvezza poi fa fatica, anche se negli ultimi anni la Samp non ha mai fatto grandi campionati. Adesso c’è da sperare nei risultati negativi degli altri, ma serve anche un’altra squadra”.