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Danilo Pagni, talent scout, è intervenuto a TMW Radio, durante Stadio Aperto, per parlare dei problemi del calcio italiano.
Crisi del calcio italiano. E' stato detto tutto o il problema non è stato ancora centrato?
"Ho letto tanto, ho ascoltato le varie dichiarazioni ma siamo dinanzi a un momento storico. E' facile dire che doveva giocare uno o l'altro, che la colpa sia di Mancini o Gravina. Bisogna fare un'analisi molto più profonda. I dati dicono che l'Italia ha fatto 35 tiri contro due e ha perso 1-0. Noi però non dovevamo arrivare a giocarci una qualificazione con la Macedonia. Dovevamo prevenire tutto questo. Ogni qualvolta l'Italia raggiunga certi risultati, c'è sempre un senso di appagamento. Bisogna essere più lungimiranti. Il nostro calcio non è più sostenibile, adesso ci vuole una mini-rivoluzione culturale e normativa. Bisogna riscrivere le norme, perché il nostro sistema non è più sostenibile. Serve un Rinascimento sportivo. Ci sono anche i modi per ricominciare".
Quali allora le idee?
"In primis deve cominciare a prevalere il merito. C'è troppa inflazione in tutte le categorie, dagli allenatori ai procuratori. Già partendo da questo siamo a metà dell'opera. Poi i dati sono inconfutabili. Il settore giovanile, in questo momento, è in crisi. Abbiamo una grande classe dirigenziale, ma se siamo arrivati a questo punto è perché qualcosa non funziona. Vincere soltanto non va bene. Se nessuno poi arriva in prima squadra c'è un problema".
Quanto si sente l'assenza degli educatori di calcio? E poi anche un investimento nelle giovanili?
"Le scuole calcio sono un fenomeno sociale. Bisognerebbe cercare le persone idonee a insegnare calcio e non solo. Il problema principale nel settore giovanile è che si basa sul risultato, a volte non si investe nelle professionalità. Si deve cambiare la culturale nelle scuole calcio e mettere nelle condizioni le famiglie di poter iscrivere i figli. Chi ha talento puro non lo si deve ammazzare per arrivare ai risultati. Il talento va preservato. E poi dico: quante foresterie ci sono da Roma a Palermo? Dove il ragazzo entra, ha il tutor, le palestre, la mensa, il dormitorio. Si deve investire in questo. Poi c'è il tema del coraggio. Gli allenatori hanno paura di giocare con i giovani perché hanno paura di essere esonerati".
Lo step Primavera-Serie A è ancora troppo ampio:
"C'è la paura di perdere. Gli allenatori hanno paura a schierare i giovani, perché rischiano l'esonero. C'è l'assillo del risultato. E' questo il problema".
Perché all'estero non c'è questo timore?
"E' questione di approccio culturale. Si premi il merito. Tanti talenti sono stati bocciati nelle giovanili. Bisogna mettere l'obbligo per le società si valorizzare i giovani ma anche incentivare i presidenti. E poi investire nelle strutture".
