
Napoli - Juve si avvicina e molti sentono già i bollori della rivalità a metà tra il campanilismo e i campioni che ognuno si tiene stretti. Mai come adesso questa partita è un “crocevia ad alta funzionalità”. Le due squadre si trovano in ruoli che non sempre hanno ricoperto: i bianconeri raramente levrieri inseguitori, gli azzurri lepri velocissime e astute.
Se si parla di Napoli - Juve si parla di epicità di scontri, di Higuain che passa dal Vesuvio alle Alpi sancendo un percorso che ne fece un campione da quel momento malinconico e inviso. Perché Napoli se ti ama davvero, dopo trasforma il sentimento in proporzione quando annusa tradimento.
Napoli - Juve però, per tutti è pioggia, è 3 novembre 1985, è maglie con su scritto Buitoni e Ariston, è lui.El Diez che si confronta con Le Roi. L’irruenza della fame povera che si trasforma in talento cristallino in mezzo al fango e la signorilità facile del gesto dell’airone francese.
Quel giorno vinse la favola e non la scienza applicata al calcio. Maradona indovinò l’angolo che non esiste. Non c’è. Trafisse Tacconi e disse una volta per tutte che i peones non lo erano più e si sedevano al tavolo dei titolati. Ma Napoli Juve fu anche un nome che adesso si perde nella nebbia.
Renato Cesarini. Giocatore della Juve anni ‘30, cinque scudetti consecutivi con i bianconeri, famoso per i gol in “zona Cesarini”, espressione usata ancora adesso per indicare le reti realizzate sul fischio finale delle partite. Argentino, in Italia dopo una carriera da giocatore, divenne allenatore della Juve. Conosce un certo Omar Sivori, suo giocatore. Per chi non lo sapesse, Sivori era una sorta di Maradona, più irriverente e sfrontato.
Cesarini lo ama come un figlio, per lui non è solo un giocatore, ma un quasi consanguineo.
Dopo due anni, Cesarini va via dalla Juve e va al Napoli, Sivori non la prende bene, nel senso che ha perso una parte di cuore. Arriva il momento di Juve - Napoli, partita decisiva per il Napoli, se vince si salva sicuramente.
Sivori dovrebbe giocare contro il suo mentore, quasi padre e maestro. Non la regge proprio. Le prova tutte per non giocare. Non se la sente, ha paura di far male, se gioca come sa, condanna il suo maestro, se gioca male, non sarebbe una bella cosa. Si finge malato. Non vuole proprio mettere piede in campo.
Cesarini viene a saperlo. E dopo un momento di valutazione, per la sua vita, decide che no, così non va. Va a trovare Sivori in albergo e gli parla chiaro. Gli dice che il miglior modo per onorare il loro rapporto, è scendere in campo, e che qualsiasi cosa succeda lui deve giocare come sa, perchè solo così, dimostrerà di essere un campione.
Questo è un esempio di correttezza, che va oltre il pensiero di rimetterci, di tasca propria.
A proposito, la partita finì 4-0 per la Juve. Tre gol li fece Sivori. La partita è appena finita e Sivori abbraccia il suo maestro appena sconfitto. Perché rivali sì. Ma nemici mai. Almeno così dovrebbe essere.
di Ettore Zanca