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Marcolin: "Eriksen non è problema di Conte. Juve davanti con Dybala-Morata-CR7"
15 ott 2020 19:15Calcio

L'ex calciatore Dario Marcolin, oggi allenatore e voce tecnica di DAZN in commento, è intervenuto in diretta a TMW Radio, ai microfoni di Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini nel corso della trasmissione Stadio Aperto. L'intervista comincia dalla ripresa del campionato dopo la sosta, e dai dubbi sulla conclusione della Serie A: "In fondo è stato meglio il post-lockdown che l'inizio di questa stagione. Adesso abbiamo tante squadre con giocatori positivi, e la qualità del campionato viene abbassata. Pensiamo al Milan senza Ibrahimovic o la Juve che dovrà fare a meno di Ronaldo... C'è il dispiacere di non poter vedere un livello di qualità uniforme al 100%, come di solito invece sarebbe capitato alla quarta giornata. Manca questa brillantezza, ma fondamentalmente rimane quel campionato che ci piace tantissimo".

Viene molto criticato il rendimento di Immobile in nazionale. Che ne pensa? "Io faccio l'esempio di tanti altri: Messi, per esempio, gioca in un modo nel Barcellona e in un altro con l'Argentina. La questione è anche di sistemi di gioco, e certo, qualcuno si aspetterebbe gli stessi numeri della Lazio, ma mi sembra che ancora là davanti non ci sia il titolare definitivo per Mancini. Tra Immobile, Caputo e Belotti, secondo me, agli Europei giocherà chi arriva più in forma a maggio. In Nazionale, Immobile fa la prima punta da solo mentre nella Lazio gioca in coppia. Sta comunque studiando per fare il titolare all'Europeo".

Qualcuno beneficia dalla mancanza di pressione del non avere i tifosi? "La valutazione è giusta, e io ho toccato con mano la cosa andando a fare le telecronache negli stadi vuoti. Ci sono magliette che pesano: l'esempio di Calhanoglu spiega bene tutto questo. A fine partita, pure se hai perso, sei sereno nell'aver dato tutto e soprattutto non ricevi quei fischi che spesso ti accompagnano. Faccio un esempio: Seedorf, se giocavi contro il Real Madrid era il migliore in campo, mentre con la Reggina veniva fischiato perché dava meno. Qui è il contrario, ma dico che è successo anche a me: col Napoli ho giocato cinque partite a porte chiuse, e ci sta di sentire una libertà maggiore".

La forza dell'Atalanta è nella scelta dei giocatori? "L'ultima in casa col Cagliari l'ho seguita in telecronaca, e questo è un gruppo che lavora assieme da anni con una filosofia ben precisa: ogni anno che passa aumentano il livello, tant'è vero che le prime tre di fila non le avevano mai viste. Se oggi vai in Olanda e vedi un esterno fisico ed intenso, quello può essere un calciatore da Atalanta. Poi c'è Gasperini che migliora il prodotto e cuce un modulo addosso alle caratteristiche dei suoi: basti pensare a Papu Gomez, che sembra essere nel suo ruolo migliore da tuttocampista. Lo paragono a Veron della Lazio, che faceva tre fasi. Gomez lo fa grazie a Gasperini. A centrocampo si allargano gli interni e fanno abbassare il Papu nello spazio centrale, così da lasciargli campo aperto da attaccare".

Certi sudamericani in Europa non sono proprio andati bene. Perché? "I brasiliani sono famosi per la saudade, ma è più un fatto di ambientamento in un calcio diverso dal loro, che gli toglie personalità, che non di qualità tecnica. Penso a me, che al Blackburn arrivai da giocatore molto italiano, un regista classico, e dopo numerose panchine sono diventato Gattuso, nel senso che dovevo entrare in scivolata e giocare duro se volevo che il mister mi mettesse".

Questo è quello che manca ad Eriksen nell'Inter, per esempio? "Visto nel Tottenham è stato un giocatore fantastico, e quando l'Inter l'ha preso pensavamo all'ennesimo top player per la Serie A. Credo che Conte gli abbia chiesto delle cose in particolare e lui, abituato a un certo gioco, abbia faticato. Ma alla lunga le qualità vengono fuori: Conte vuole molto in entrambe le fasi, sta a lui ora adattarsi rapidamente. Non credo sia un problema di Conte, quanto più del giocatore che deve tirare fuori la qualità vista a Londra. Pensiamo a Zidane, che nei primi mesi della Juventus neanche sembrava lui".

Lei dove lo metterebbe Chiesa? Dove pensa lo impiegherà Pirlo? "Io lo metterei nel suo ruolo d'origine, attaccante esterno a destra, non da laterale invertito. Dopo ha cominciato a interpretare vari ruoli, senza però mai crescere... Pirlo potrebbe fargli fare tutta la fascia, perché a livello organico ha gamba per poter far ripartire l'azione con qualità come facevano Eto'o e Pandev nell'Inter di Mourinho. Credo sia questo l'obiettivo di Pirlo per Chiesa alla Juventus".

Le fortune di Pirlo passeranno anche dal trovare posizioni definite a tanti giocatori un po' sospesi? "Se Pirlo continuerà 3-4-2-1, per me i due centrocampisti sono Bentancur e Arthur, che non hanno giocato nelle prime uscite. Credo la coppia sia quella. Il tridente davanti per me è Morata di punta, Dybala centro-destra e CR7 centro-sinistra. Con così tante partite, giusto avere almeno una coppia intercambiabile in ogni ruolo".

Nota anche lei un'evoluzione di Mancini rispetto a quando allenava i club? "Sì. Chi conosce Roberto nella vita sa che è uno scommettitore abituato a vincere. Ha deciso di puntare sui giovani e modellarli: l'Italia è una squadra moderna, meno fisica e non ha quei giocatori fisicati, ma è squadra che corre e gioca palla a terra. La filosofia arriva da lontano, e il merito da dare a Mancini è quello di averla rilanciata, la Nazionale, di accompagnare per mano questi giocatori per farli diventare grandi. La Nazionale può dare fastidio a tanti agli Europei, per come è stata costruita nel tempo, per il fatto che non sia un lavoro estemporaneo".

Il Sassuolo può inserirsi tra le prime sette? "Li ho visti sia col Cagliari che contro lo Spezia. Hanno fatto la cosa giusta mantenendo lo stesso allenatore per tempo, dando lui piena fiducia e con la coscienza che si vada a migliorare il prodotto. Tanti giocatori buoni, a Sassuolo sono diventati ottimi: guardate Caputo, Berardi e Boga... Giocano a memoria, e hanno una loro filosofia. Sotto certi aspetti sembra una piccola Atalanta: non per il modulo, ma per i tempi e l'immediatezza delle giocate, create nel tempo dall'allenatore. Non so se arriveranno tra le prime sette, ma sono subito lì a ridosso".

La Lazio può competere su tre fronti? Si aspettava di più dal mercato? "In mezzo al campo e davanti si sono rinforzati, forse i tifosi, nell'anno della Champions, si aspettavano però qualcosa di meglio dietro. Va detto che è anche l'anno del post-Covid, e lo sappiamo. Se guardo sotto il profilo tecnico, però, un difensore in più stile Otamendi sarebbe stato davvero una ciliegina. Il discorso di dover avere due giocatori per ruolo vale anche per la Lazio. La formazione è la stessa degli anni passati, però, quando ha vinto tanto. Per me in fondo ci arriva".

C'è mancanza di coraggio in Italia con i giovani? "Siamo ancora un po' ancorati a dove siamo partiti. In altri campionati c'è più libertà. Guardate il mercato dell'Inter, che ha cercato giocatori pronti subito: questo fa capire che l'intenzione degli allenatori è avere gente esperta, così da poter vincere. Ai tempi miei la Cremonese, per dirne una, aveva tutto l'interesse a farmi giocare in prima squadra, per valorizzarti e poi venderti. Oggi chi fa così, il Sassuolo? In realtà hanno tanti stranieri... Forse la Roma. Questo va a discapito dei giovani, che nel nostro campionato non vengono lanciati completamente. Vedere il Borussia Dortmund per capire".

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Dario Marcolin intervistato da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini © registrazione di TMW Radio