TMW Radio
News
Ezio Rossi: "Torino delusione della Serie A. Vi racconto la scoperta Junior Messias"
27 lug 2020 19:40Calcio
© foto di Marco Farinazzo/TuttoLegaPro.com

L'allenatore Ezio Rossi, intervenendo in diretta ai microfoni di Stadio Aperto, trasmissione di TMW Radio condotta da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini, ha esordito analizzando l'annata del Torino: "Purtroppo credo sia stata la squadra più deludente del campionato, dopo l'Europa dell'anno scorso ci si aspettava che sarebbero rimasti a lottare per quell'obiettivo fino alla fine. Purtroppo l'occasione è stata persa sin dal primo giorno della nuova stagione, non fare mercato non è stato un segnale positivo, e la conseguenza è stata un anno disastroso. Mi dispiace per il Lecce, perché ci ho giocato, che non riuscirà a salvarsi: dico che al Torino oltre che le vittorie contro il Genoa, sono serviti anche i 27 punti che aveva fatto Mazzarri".

Cosa non ha funzionato? "Lo sapranno meglio in società, ma dico che con tre innesti di valore davvero si poteva cambiare. Sarebbe stato un segnale anche nei confronti dei giocatori, per continuare sulla strada intrapresa. Dico sempre che a Torino si sopravvive grazie a dei valori, è così se dall'altra parte purtroppo hai la Juventus. Nelle altre grandi città va bene a una o l'altra squadra ad anni alterni. In questo ultimo decennio soprattutto, invece, si vede uno strapotere impressionante: si resiste grazie a dei valori che per qualcuno sembreranno obsoleti, ma per i tifosi rimangono tali e in questi ultimi anni mi viene da dire che si siano addirittura calpestati i valori".

Si possono recuperare? "Sicuramente è molto difficile, è cambiato il mondo. Ma bisogna far di tutto perché resistano, altrimenti se il Torino diventa una società come le altre, è destinata purtroppo a sparire negli anni. Costruire le nuove generazioni di tifosi è sempre più difficili, e quello rimane le fondamenta del Toro. Certi atteggiamenti sembrano volerli annullare, ed è questo che viene contestato. Non certo i risultati, nessuno pretende di fare come Juventus, Milan o Inter, ma di avere una propria identità per portare avanti le tradizioni".

D'accordo se diciamo che i 16 gol di Belotti appaiono miracolosi? "Due giocatori in assoluto hanno salvato il Torino: prima Sirigu nel girone d'andata, e poi Belotti nell'aver permesso di fare questi ultimi 10-11 punti. Sono stati loro due le uniche cose positive di questa squadra e di questa stagione. Un bruttissimo gioco da inizio a fine campionato, loro due però hanno tenuto in piedi la baracca".

Ci si aspetta una rivoluzione totale? "La piazza sì, la metamorfosi non è solo di carattere tecnico, c'è qualcosa che all'interno sanno e all'esterno no: per dare una svolta va cambiata almeno al 50% la squadra, chi c'è dentro saprà su quali cavalli puntare e su quali no. Vagnati ha un compito non facile, ma il Torino deve trovare qualcuno che trascini a partire dalla panchina: l'ultimo è stato Mihajlovic, che però non è riuscito a portare a termine il suo pensiero. Torino ha bisogno di gente con quel carisma, con quella carica agonistica e la mentalità di voler sfidare il mondo. L'atteggiamento psicologico deve essere totalmente diverso".

Chi era per lei Sergio Vatta? "Un maestro, di vita e di calcio. Dal punto di vista psicologico ti preparava a fare il professionista senza darti illusioni, ma alla fine l'80% di chi usciva dal vivaio del Toro andava a farlo. E poi un maestro di calcio perché era avanti di 30 anni rispetto a tutti: a fine anni '70 avevamo psicologo e preparatore atletico, lavoravamo con pesi e palla, facevamo training autogeno prima e dopo le partite. Un visionario: per scelta ha lavorato solo in un settore giovanile, ma ha contribuito a cambiare il calcio per gli allenatori".

Nel Crotone che torna in Serie A c'è la storia di Junior Messias che si intreccia. "Una grande soddisfazione per me, se lo merita. Ho vinto nove campionati giocando e allenando, e dico sempre che questa può essere la mia decima promozione. Un giorno un mio amico, che era dirigente della Canavese e ha messo su una squadra di rifugiati politici mi disse di venire a vedere la partita e che c'era un brasiliano non male. Lì vidi questo ragazzo che non c'entrava niente: se uno ama il calcio, non può che innamorarsi di un giocatore così. Quell'anno non allenavo, avevo messo su una scuola calcio gratuita, e gli dissi che almeno in Eccellenza avrei potuto portarlo. Lui aveva avuto esperienze negative col calcio, e non voleva più rischiare avendo bambino e moglie. L'anno dopo firmai con il Casale e gli dissi che ero io ad allenare, e così lo convinsi. Grazie ad amici riuscimmo ad accelerare il transfer per il permesso di soggiorno cui aveva diritto, ed è così la storia. Fece un grande campionato e a fine anno mi deluse perché fu traviato da procuratori e andò altrove, ma si merita di essere arrivato in Serie A. Arriva a quei livelli avendo vinto tre campionati in 5 anni".

Com'è il calcio oggi in Italia? "Purtroppo l'80% di persone che lo manovra non capisce niente, non sono uomini di calcio. Per me non è difficile trovare giocatori come Junior, ma ci sono interessi che non hanno niente a che fare con valori umani e tecnici. Questo non mi piace. Negli anni Ottanta si vivevano emozioni diverse, più forti, c'era più verità nelle persone e in tutta la struttura. Oggi tutta la società è cambiata, il calcio è diverso e certe storie fanno più fatica ad emergere a causa di faccendieri e gente che si arrabatta in un ambiente nel quale girano tanti soldi".

Nelle categorie inferiori si vive più a contatto con la verità? "No, si vedono pessime imitazioni del mondo dei grandi, sfruttando ragazzi che non guadagnano niente. C'è gente che non capisco perché faccia questo lavoro, è poco limpida. C'è chi gioca o allena perché porta soldi... Neanche quel mare è pulito. Cito una società di amici come il Fossano che è tra le poche realtà serie, ma tante altre vanno avanti perché devono, è così".

Lei da che parte sta nell'analisi di Sarri e del suo percorso? "Sto dalla parte di chi arriva a certi livelli perché dimostra di saper vincere, e Sarri è tra questi. Vedo colleghi che allenano in Serie A, B o C, e mi chiedo cosa ci facciano lì se non hanno mai ottenuto neanche una promozione in vita loro. Sono per i Fascetti, i Sonetti, chi si è fatto la gavetta: oggi invece conviene intortare presidenti che ne sanno poco, perciò viva quelli che arrivano solo perché vincono".

Chi sono gli allenatori che la ispirano? "Dei grandi quello che stimo di più è Ancelotti: è partito dalla Serie B, ma aveva un pedigree fantastico. Diciamo che è sempre stato pane e salame, ha sempre parlato chiaro e dimostrato di saper gestire grandi campioni. Per sceglierne uno di oggi devo pensare parecchio (ride, ndr). Potrei dire Gattuso, che ha fatto tante esperienze e mi sembra un uomo vero, che trasmette parole importanti. Un altro è Juric, di quella pasta lì. Molto in gamba".

TMW Radio Regia
Ezio Rossi intervistato da Francesco Benvenuti © registrazione di TMW Radio