
Nel day-after di Brasile-Serbia il mondo si sveglia con la consapevolezza di aver osservato, nella gara conclusiva del primo turno, la squadra da battere del Mondiale. L'undici di Tite vince e convince, mostrando evoluzione mentale e tattica, laddove i valori tecnici eccelsi non sono davvero mai mancati.
Come fermare questa corazzata con la panchina lunga e tanti giocatori motivati dal voler fare di nuovo la storia dopo vent’anni?
La Serbia, un po’ come capitato a tante avversarie del Psg di queste ultime stagioni, sembra aver optato ancora una volta per la persecuzione fisica di Neymar jr.
di Alessandro Sticozzi
VALORI CHIARI - Si scrive Brasile, si legge probabilmente favorita. DIfficile pensare che la Serbia sia realmente poca cosa, dati i valori tecnici che - seppur adombrati in Milinkovic-Savic in primis - erano a disposizione di mister Stojkovic.
Quelli di Tite, pratico e concreto prima che spettacolare, sembrano avere chiaro il concetto del “chi gioca semplice va sano e va lontano”.
Applicati in difesa, perpetui nel moto a centrocampo, fantasiosi come è nel DNA verdeoro dalla cintola in su. Non fosse stato per Vanja, fratello di Sergej, ieri si sarebbe vissuta la terza goleada della settimana.
Il CT poi sembra molto “Dunga” e poco “Scolari”, nel senso che pare privilegiare l’equilibrio e la sostanza agli orpelli tipici del modo di fare squadra brasiliano. Vediamo se i suoi sapranno replicare lo stesso grado di serietà anche nel prosieguo del torneo.
GIÙ LE MANI (E I PIEDI) DA O’NEY - Uno dei giocatori più in forma del Mondiale (e di questo primo scorcio di stagione) rischia di accomodarsi in panchina a gustarsi il resto della kernesse iridata per l’ennesimo infortunio traumatico.
La “storiella” che vuole Neymar jr. come tuffatore di lusso è desueta quasi da un decennio. Almeno da quando Zuniga (Brasile 2014) riuscì nell’impresa in cui ha provato a cimentarsi la Serbia tutta, con Milenkovic sugli scudi più dei compagni di “caccia”, più che di squadra.
La missione di molti sembra quella di dover estromettere il talento del brasiliano a suon di falli stile anni ‘70, in un calcio che però a livello generale ha abbandonato quei crismi da tanto tempo.
La giustificazione è sempre quella: il ragazzo provoca con i dribbling e accentua. Peccato che i dati dicano altro, con Milenkovic che ha appunto escluso il fantasista a margine della nona “legnata”. Di dodici falli commessi dalla Serbia, nove avevano come obiettivo non il contrasto di un giocatore, bensì il suo infortunio.
Pagare una cattiva fama? Sì. Doversi guardare i Mondiali ancora una volta da fuori per eccesso di serialità nei falli? No, grazie, risponderebbe Neymar, che intanto attende il referto con una caviglia gonfia come un baobab.
FATTORE PREMIER/SERIE A - I giocatori della Premier League, che di solito giungevano al Mondiale estivo “spompati”, non hanno mancato l’appuntamento chiave nemmeno in Brasile-Serbia.
Su tutti si è naturalmente stagliato Richarlison: doppietta a parte, la maturità con cui il “falso nueve” ha partecipato alle due fasi fa pensare a un Brasile capace anche di sacrificarsi. La rovesciata del 2-0 potrebbe diventare facilmente la copertina di questo Qatar 2022, soprattutto se la favorita rispettasse i responsi iniziali degli oracoli del calcio.
Molto bene anche Danilo ed Alex Sandro della Juventus, che hanno dato solidità e consistenza alla fase di contenimento, rendendo tambureggianti gli attacchi brasiliani con una gran quantità di palloni recuperati pressando in avanti. Se Tite si gira verso la panchina ha l'imbarazzo della scelta in ogni ruolo... sta a lui ora scegliere sempre i migliori undici iniziali, sapendo comunque che - soprattutto nei recuperi extra-large di questo Mondiale qatariota - la capacità dei suoi di saltare l'uomo per stanare difese oltranziste potrà comunque fare la differenza.