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Berruto: "Un meteorite minaccia lo sport. Impianti e volontariato, situazione drammatica"
30 lug 2020 19:15Altri sport

Mauro Berruto, ex ct dell'Italia pallavolo e appassionato di fede Torino, è intervenuto in diretta nel corso di Stadio Aperto, trasmissione di TMW Radio, ai microfoni di Francesco Benvenuti. Partendo dal finale di stagione granata: "Ho vissuto questo periodo col sollievo minimo, per il mantenimento della categoria. L'obiettivo era di confermare la presenza in Europa, e farlo magari con le proprie forze, non per le disavventure del Milan. Quando ti ritrovi a lottare nella lotta salvezza, partendo da certe ambizioni, è un problema. Non festeggio la salvezza, sarebbe troppo, ma ringrazio il mio amico Moreno Longo, che era in una posizione complicatissima. Ora ci dovranno essere riflessioni per capire perché questa squadra si sia trovata a lottare in certe zone".

Questo spettacolo la soddisfa? "No. Sono razionale, e capisco occorresse qualche mediazione e compromesso in una situazione drammatico: quindi sono contento perché il calcio sia ripartito, anche per un valore simbolico, però lo sport è da sempre immaginato perché la performance sia destinata ad un pubblico radunato per vederla. Non esiste nel mio immaginario uno sport a porte chiuse. Poi chiaro, non vivo fuori dal mondo e so che deve essere così, ma mi auguro che si riaprano le porte e, oltre a queste riflessioni, possano essere affiancate altre atte a far ripartire l'intero sport. Mi auguro che ci sia una risposta unitaria, che il calcio sia giustamente da aprifila, ma che lo sia per tutti movimenti, partendo anche dalla base".

Qual è il rischio se non ripartissero le scuole e le discipline giovanili, in generale il movimento di base? "Che si generi una situazione mai vista prima, come il meteorite per i dinosauri. Certi luoghi hanno tenuto in piedi il nostro paese, e la scuola ha voluto allontanarsi. Il modello sportivo, dal Dopoguerra ad oggi, si regge sulle associazioni, in maniera capillare. A settembre, ahimè, verranno a mancare tre presupposti che lo finanziano: quei micro-finanziamenti che arrivano dalla piccola e media impresa quasi in forma di mecenatismo, poi le famiglie, e infine i luoghi scolastici: si rischia che ci sia il più grande problema nella storia dello sport italiano. Siamo passati a crisi di vario tipo, ma il venire a mancare di questi tre elementi toccherà duramente il sistema. Le famiglie magari avranno meno soldi in autunno, e andranno a tagliare sullo sport. Questo rischia di diventare un costo per il nostro paese. Tenere in vita questo mondo, significa tenere in piedi il sistema. Proviamo a pensare al punto di forza dell'Italia: le condizioni climatiche e paesaggistiche che ci sono non le ha nessuno in Europa. Possiamo fare un piccolo, temporaneo passo indietro, ma un enorme balzo in avanti per riappropriarsi dei parchi, delle colline, dei laghi... Riacquisire la cultura del movimento. Se fossi un presidente della mia amata pallavolo, oggi cercherei di avvicinare i ragazzi giovani a sport praticabili in quei contesti descritti prima. Tra poche settimane sarà lo strumento che potremo subito mettere in atto, senza aspettare altro. In emergenza, bisogna agire da emergenza: non possiamo aspettare che si concluda solo guardando, o faremo la fine dei dinosauri".

La cultura del movimento è facile da costruire? "Spesso ho portato le mie tesi a testimoniare che lo sport è cultura. Ci sono situazioni comuni ai teatri e ai cinema, e se ci si pensa la finalità e il significato erano gli stessi: terapeutici. Ci sono migliaia di pagine con evidenze scientifiche che dimostrano come ogni euro investito nella cultura del movimento ne restituisca quattro in termini di contenimento dei costi, anche perché sappiamo che nel mondo ci sono varie pandemie, chiamiamole così, tipo il diabete. Veder implodere un movimento sportivo non è solo un peccato perché non ci saranno campioni olimpici, è anche un danno economico. La leva può essere quella del sollievo economico: non solo ci sarà un risparmio, ma anche un surplus che significa migliore qualità della vita, un impatto in positivo. Chi è chiamato ad amministrare ragioni almeno su questo fattore economico: gli affetti li calcoleremo tra qualche anno".

Arriveremo mai ad aiutare anche la base del sistema? "Sotto il cubetto di ghiaccio, la puntina dell'iceberg, c'è un numero mostruoso di volontari, e mi piacerebbe che qualcuno si accorgesse che sono esistiti ed esistono, che hanno contribuito a tenere in piedi il modello da 70 anni, più o meno. Chiunque, il CONI, la FIGC, o chi voglia, serve riconoscere a queste persone l'importanza che hanno. Sono quelli che, a proprio rischio, si caricano i ragazzini o le ragazzine in macchina, che fanno un po' di tutto, fisioterapisti, magazzinieri e anche lo psicologo che serve. Per fortuna, poi, tra questi nascono anche futuri campioni olimpici. Adesso, o mai più: mi piacerebbe citare Al Pacino e il suo famoso discorso negli spogliatoi di Ogni Maledetta Domenica".

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Mauro Berruto intervistato da Francesco Benvenuti © registrazione di TMW Radio